All'ultimo posto

 

di Luigi Monaco

 

C'è nell'uomo una generosità recondita, inafferabile eppure reale, insostituibile sebbene sepolta, non raramente sotto una patina d'orgoglio o sotterrata da false concezioni sulle virtù umane.

Per quanto l'uomo si sforza di rinnegare la sua origine divina, finisce sempre con il proclamarne l'esistenza. Negare non è forse affermare? L'uomo cerca il divino, vive il divino, è anelante al divino. La conoscenza dell'uomo, del suo spirito e delle sua esigenze, mi ha convinto ancor più; l'esperienza, nell'ascolto dell'uomo, mi ha detto che l'uomo, nel profondo, vuole e cerca Dio. Dico di più. Esiste una religiosità invisibile da fare invidia a quella pubblica, a quella ufficiale, comandata e benedetta.

      Si fan sempre più lontani i tempi di un contrasto tra religioso ed irreligioso, tra sacro e profano, tra uomo vecchio e uomo nuovo. Tuttavia nell'uomo esiste la lotta tra la luce e le tenebre, il peccato e la grazia; l'inquietudine tra il male facile ed il bene difficile continua a travagliare l'uomo; la grazia sostiene ancora e sempre l'uomo nelle sue azioni salvifìche. Eppure si va sviluppando una maggiore coscienza nei confronti del divino, frutto anche delle molteplici delusioni cui l'uomo è andato soggetto dopo aver riposto vanamente le sue speranze nell'uomo, anziché in Dio, tappa necessaria dell'evoluzione del regno di Dio sulla terra, pietra miliare verso il Cristo totale, quando finalmente Dio sarà tutto in tutti.

Non più corpo da una parte e anima dall'altra, non più azioni esclusivamente profane ed atti esclusivamente salvifici; non più mondo religioso e mondo laico; ma l'uomo nella sua interezza, nella sua unità globale che cammina verso Dio usando del corpo, del mondo, della politica, della fatica di tutto ciò che il Creatore ha dato, per meglio avvicinarsi a Lui: non più manicheismo, ma vangelo, ch'è annunzio di salvezza.

Religiosità invisibile, cristianesimo anonimo, eppure l'una e l'altro, vivi e pulsanti nelle nostre città fatte di cemento e di ferro, apparentemente senza cuore, senza speranze ne ideali.

Penso a quell'operaio che mi confessava: "Io prego per tutti coloro che abitano il mio palazzo, non li conosco, ma prego per loro quando scendo i 68 scalini la mattina..."; poi aggiungeva, quasi pudico: "prego anche per gli amici di viaggio, nel salire nel bus".

Non aveva tempo, rincasava molto tardi, stanco, ma il suo camminare era preghiera incessante. Ricordo l'ascensorista del palazzo b., scalinata a. Ogni viaggio dell'ascensore, un'Ave alla Madonna. Quanti rosari avrà collezionato in un giorno?

      Così quella donna minuta, dal volto emaciato, interrogante, sofferente da sempre che, alle tre del mattino, andava al mercato: accompagnava con la sua preghiera talvolta cantata nel silenzio delle strade cittadine, il lontano salmodiare di monaci austeri e vergini sapienti, intenti, prima del sorgere del sole, a lodare il Signore.

E lo spazzino che aveva ripreso a pregare dal giorno che al comune gli avevano "dato' il posto? E il bidello che tutti i giorni partecipava alla celebrazione eucaristica, ma fino all'offertorio..., quando arrivava la maestrina che partecipava fino alla comunione? E i bimbi di migliaia di case che prima di dormire "mandano" il bacio a Gesù, un bacio tanto lungo che, per alcuni si staccherà solo nell'istante di morte...?

Una processione invisibile, ma tanto bella e sopratutto tanto vera da far invidia a quella delle rogazioni del 25 aprile, festa di S. Marco, quando la comunità parrocchiale, cantando, invoca tutti i santi per un buono ed abbondante raccolto.

Processione invisibile, anime oranti, tra il rumore delle strade, il via vai della gente che corre verso la fabbrica, tra i commercianti che vanno al mercato, tra i rissosi scioperanti, tra gli ammalati dell'ospedale ed i pescatori che tornano dopo la faticata nottata.

      Siamo abituati a leggere nel volto del fratello che affianchiamo, la gioia e il dolore, dovremmo anche imparare a distinguere ed intuire chi sta pregando, anche senza corona, pur non avendo il breviario, pur non indossando il saio, pur senza candele e senza sacramento: tanto questa fede rende tutto reale, tutto vicino, tutto proprio e sentito.

Non c'è per questi un luogo per pregare perché intuiscono che Dio è presente da per tutto; non c'è un tempo specifico per incontrare il Signore: è il Signore che li attende al varco, all'angolo della strada, sull'autobus, nello scendere gli scalini, nello spazzare, nel dissodare la terra; il senso di Dio li ha invasi e sono pregni della sua presenza. Spontaneismo? Sicuramente amore e fede!

Mi son chiesto: cosa succederebbe se tutte queste preghiere fossero gridate, cantate, proclamate come in una pubblica assemblea, come in un giorno di festa?

      Lo spettacolo sarebbe da paradiso.

      Tutto un popolo che prega, tutti gli uomini che invocano, lodano, supplicano, benedicono il Signore: ognuno nel proprio linguaggio, nel proprio atteggiamento, nella sua espressione, nella sua richiesta; e Dio che ascolta tutti ed ognuno nella propria specifica esigenza; e Dio che non dimentica nessuno e dìo che capisce tutti e la gioia di parlare con Lui aumenta in tutti ed il tono si eleva, incoraggiato e sostenuto dal fratello vicino, dalla sorella che crede; e i timidi si fanno forza; tutto diventerebbe una lode, una confessione delle meraviglie del Signore, dei miracoli invisibili operati; sarebbe un coro crescente, senza uguali, un solo inno dove la preghiera dei confessori, il coraggio dei martiri, l'arditezza delle vergini, si distinguerebbe solo dal colore delle voci ma non per l'ardore delle invocazioni.

Processione invisibile: speranza seminata tra le strade di asfalto delle nostre città, fiorita sulle labbra di milioni di cuori che, incessantemente, continuano a salvarsi ed a salvare con il loro "profano" salmodiare.

Nessuno mai fermerà questa processione invisibile ed interminabile, anche se un disco rosso dovesse sorgere fuori le nostre bellissime cattedrali, dove la preghiera è più facile, perché più fraterna, più specifica.

Io credo in questa processione interminabile, ma reale che avanza, con sofferenza, ma con passo sicuro; ci credo, per cui, non raramente, mi metto, silenziosamente, con massimo rispetto e somma gioia, in fila; magari, all'ultimo posto.