Quel sogno non è morto

 

di Pietro Zarrella

 

 

Eroi diventano coloro cui viene spezzato un sogno nel pieno del loro sognare... Maestri di pensiero sono, invece, coloro cui il tempo da lo spazio per interpretare i sogni degli altri».

 

Anche se i sogni muoiono all'alba, è necessario e fa parte della vita il sognare. Chi non sogna è finito, può considerarsi nella tomba, anche se ancora cammina sulle strade degli uomini. Il sogno esprime la capacità dell'uomo di progettare il futuro, è la tensione verso il meglio, il diverso, il più perfetto. Esprime l'uomo nella sua capacità essenziale di essere intelligenza che vuole, che cerca, che aspira, che ama.

 

Il sogno ha un valore in se stesso, anche quando si finisce di sognare. Indica la prospettiva, l'orizzonte verso cui non bisogna mai rinunciare di camminare.

 

Un anno fa, all'inizio della tangenziale di Napoli per chi viene da Roma, cadeva sull'asfalto un uomo; così terminava il sogno di un uomo che, a causa di quella circostanza, entrava nella realtà della vita vera, la vita eterna, quella che non conosce la parola fine.

 

Anche quel sogno, finito sul selciato di un'autostrada, non è caduto nel nulla. Ancora è fonte di vita, di slancio, di spinta verso un futuro che non conosciamo ma che c'è.

 

Il perché è che quel sogno aveva le sue radici, profonde, in un'esperienza di vita vera, quella che nasce dalla comunione con Cristo con i cui occhi si vive intensamente il quotidiano, il normale nella sua agghiacciante ripetitività.

 

Era quella esperienza maturata dopo il Concilio Vaticano II, che aveva prospettato una visione nuova di Chiesa: la chiesa-comunione, la chiesa che interpreta e vive i valori umani, la chiesa come piazza di paese in cui ci si ritrova per gioire e per stare insieme.

 

Il valore di quel sogno sta proprio qui: è stato un fiore della nuova stagione, quella iniziata dopo la spinta del Concilio, che ha prospettato una chiesa in perenne primavera, giovane, creatrice di nuove frontiere, che non ha paura, che guarda con serenità il presente e che sa accogliere il futuro.

 

Da quel sangue e da quella carne, ritornati ad essere cenere, spunterà un fiore, il fiore della stagione nuova che lo Spirito va creando per noi e per il mondo intero.

 

 

(Campania Serafica,26 (1994),2,p.3)