Un maestro di tenerezza

 di Emanuele Palumbo

Molti anni fa, in una calda sera d'estate, parlando dell'importanza dei laici nella Chiesa, mi rivolse sereno questa domanda: «Secondo te quale vita è più sacrificata, la mia o quella di mio fratello che è padre di 5 figli?»

A sentire queste parole rimasi un po' sulle mie. Che cosa voleva dire un frate come Padre Luigi nel rapportarsi ad un suo familiare marito e padre?

Sicuramente la cosa mi colpì profondamente tant'è che ancora oggi ricordo quella domanda con estrema chiarezza.

P. Luigi in fondo era stato comprensibile e semplice. «Chi va prima in Paradiso io o mio fratello?». Questo aveva voluto intendere.

I "laici" francescani

Lungi dal voler giudicare la sua vita e quella di suo fratello e i meriti di entrambi! Ciò che invece possiamo capire con quelle sue parole, è la grande stima che P. Luigi ha nutrito nei confronti di noi secolari, chiamati ogni giorno ad affrontare con pacatezza e serenità quello che lui stesso ha definito più volte «il terribile quotidiano».

Di questa realtà secolare P. Luigi è stato un estimatore profondo e rispettoso fino ad innamorarsene. Ecco perché ha consacrato il periodo più bello e più fecondo del suo sacerdozio alle fraternità dell’OFS e della Gifra per farle crescere umanamente e spiritualmente e dare loro quella dignità che è propria dei figli di Dio e dei laici impegnati nel temporale.

E questo suo impegno P. Luigi lo ha vissuto non solo facendoci dono della sua presenza e della sua cultura ma anche e soprattutto attraverso piccoli gesti di condivisione e concrete intuizioni nel campo lavorativo e sociale sempre e soltanto a nostro favore. Che cosa non ha fatto per noi P. Luigi?

Tutto. Certamente tutto quello che gli era consentito fare. Il suo grande amore, oltre la Croce del Signore, eravamo noi. E in ossequio ai documenti conciliari e al Regola OFS, profetica, ha seminato nel fertile terreno del laicato, educandoci ad essere "nuovi", più vivi, più dentro la storia del nostro tempo per diffondere il messaggio del Vangelo. E questa educazione individua le e comunitaria, senza fronzoli, ma ricca di concretezza, ci ha portati a riconoscere nella nostra vita la signoria di Dio e la dignità dell'uomo.

Ha apprezzato ognuno che ha conosciuto                   

Fedelissimo alla Chiesa, umile, particolarmente quando gli costava abbassare la testa davanti alle idee buone e qualche volta non sagge degli altri, attento ai bisogni di tutti, P. Luigi Monaco mi ha sempre dato l'impressione, per altro poi confermata da tanta gente, di possedere una grande qualità: quella di far credere che ogni persona da lui conosciuta e apprezzata potesse essere privilegiata nel rapportarsi alla sua persona. Ognuno di noi, in fondo, a contatto con lui, si è sempre sentito valorizzato nelle proprie qualità e ridimensionato nel propri difetti.

Di tenerezza P. Luigi è stato un maestro: non credo di sbagliare nell'affermare che accanto ad un'inesauribile energia, quasi sempre spesa per il bene di tutti, P. Luigi è stato rispettoso, delicato ed affettuoso nei confronti dei fratelli che hanno avuto la gioia di conoscerlo e di cercarlo.

E passato un anno da quando il Signore lo ha chiamato; non nascondo che spesso me lo ritrovo davanti agli occhi quasi come se volesse parlarmi e farmi sapere di qualcosa che gli sta a cuore.

Diritto, all’ essenza delle cose

In fondo è stato così anche nel nostro rapporto prima che arrivasse "sorella morte". Durante i numerosi viaggi fatti insieme, P. Luigi preferiva il parlare concreto, profondo ad un discorso superficiale e di convenevoli. Anche nelle sciocchezze compariva l'essenza delle cose.

E a quest'essenza della cose è stato sempre molto fedele. Nei momenti più belli e più tristi della  mia vita, P. Luigi non mi ha mai privato della sua presenza affettuosa e paterna: il mio matrimonio, la morte di mio padre, la nascita della mia bambina, e nello starmi vicino mi ha fatto sentire la comprensione del padre e la tenerezza del fratello maggiore.

In tanti anni di vita in comune pochissimi disaccordi e tanta voglia di capirsi. È stato questo lo slogan del nostro rapporto.

Grazie, P. Luigi, perché ci hai amati!

Io credo che P. Luigi abbia saputo veramente amare. Fedele alle parole del Vangelo: «... se il chicco di grano non muore...» ha dedicato il suo tempo al Signore, ha rinunciato a se stesso per amore dei fratelli, ha sperimentato la tristezza della solitudine nell'ultimo periodo della sua vita, quando i problemi, le diffidenze, le incomprensioni sono aumentati e lui si sarà sentito terribilmente solo e stanco e forse non amato.

E a distanza di un anno mi sembra ancora così strano scrivere di lui, parlare di lui: la commozione è ancora grande ma è confortata dalla certezza che è in ciclo e che ci assiste con il suo sguardo benevolo.

Io preferisco ricordarti così, caro P. Luigi; senza tristezza ma con la gioiosa convinzione che ci assisti e ci incoraggi come hai sempre fatto.

Le opere, gli insegnamenti e i meriti del giusto rivivono sempre nella vita di chi ha potuto ereditarne il messaggio.

Così è per noi, tuoi figli, attratti dalla tua poliedrica personalità, da quella sana inquietudine evangelica e da quell'ardore autentico e nuovo per tutto ciò che riporta a Dio.

Grazie P. Luigi perché ci hai amati! Grazie perché, nonostante la morte, rimani sempre con noi.

{Campania Serafica, 26 (1994), 2, pp. 18-19).