1° CORSO ANIMATORI REGIONALE
INTEROBBEDENZIALE
2a RELAZIONE
TEMA: Lo
stile fraterno
RELATORE: Gigi Di Fraia
Lo stile fraterno è un tema che diventa preponderante per quanto riguarda il nostro approfondimento dell’essere gifrino in quanto racchiude in se stesso tutta l’essenza, anche metodologica del nostro cammino.
Possiamo già dare una definizione di questo stile: “concezione della vita secondo il Vangelo, meditato, vissuto e proposto da San Francesco”. Schematicamente l’argomento è incentrato su tre punti. Il primo sull’identità, il secondo sulla metodologia, il terzo sulla missionarietà.
Il discorso sull’identità della Gi.Fra. si è posto sin dagli inizi della sua nascita in quanto si è dovuto cercare e modellare il discorso dei rapporti con l’OFS che il primo gradino su cui ci si scontra per la definizione della Gi.Fra. in realtà proprio agli inizi del movimento la Gi.Fra era composta dai terziari più giovani. Quindi era una sezione giovanile del Terz’ordine. Pian piano, questo concetto si è andato evolvendo fino agli anni nostri. Il primo momento è stato nel 1968, periodo della contestazione giovanile che anche la Gi.Fra ha vissuto con un primo momento di grosso approfondimento. Poi verso la fine degli anni settanta c’è stata una seconda riscoperta del valore del rapporto con il Terz’ordine anche perché i terziari professi all’interno della Gi.fra. rappresentavano soltanto il 2%. Allora la definizione che lo Statuto portava di sezione giovanile del Terz’ordine andava cozzando con quella che era la realtà della Gi.fra. che vedeva soltanto il 2% dei loro componenti terzi professi.
Il “Nostro volto” è nato da tutta questa serie di considerazioni in cui si è sottolineato maggiormente l’appartenenza ad un’unica famiglia, l’unicità del Padre S. Francesco come ispiratore, ma si è dovuto sottolineare anche alcuni legami particolari.
Dal punto di vista dell’identità i rapporti col Terz’ordine attualmente non sono un grosso problema né a livello locale, né a livello nazionale. C’è questo spirito di famiglia e di fraternità.la specificità dello stile fraterno non è qualcosa che ci inventiamo ora perché dobbiamo parlare di questo argomento, e non è neanche un qualcosa che noi riconosciamo perché siamo all’interno di questo movimento, ma è qualcosa di così tangibile, qualificante e peculiare che lo stesso Giovanni Paolo II, nel suo saluto all’OFS in un passaggio dice: “come infatti non riconoscere lo stile di quell’instancabile e coraggioso predicatore che fu Francesco”. La qualità di questo stile è talmente peculiare e caratteristica che vale la pena di soffermarci un po’ perché esso rappresenta i cardini, la via maestra su cui ci dobbiamo muovere. E’ tanto qualificante e caratteristico che esso viene riconosciuto come tale anche al di fuori del movimento stesso.
LA METODOLOGIA
La metodologia del nostro essere fratelli non può prescindere e non può andare al di fuori della nostra stessa storia, della nostra identità.
Giovanni Paolo II ad un incontro internazionale del Terz’ordine disse: “studiate, amate e vivete la vostra regola”. Cosi noi dobbiamo studiare,amare e vivere il “Nostro Volto” perché questo da cadenza ai nostri passi, da cadenza alla nostra formazione. Al di là di questi ci sono molti altri cammini che sono ottimi ma che non appartengono alla storia, alla tradizione e all’identità della Gi.Fra.
La prima cosa che troviamo a livello di metodologia nel nostro Volto è proprio l’articolo 4: la Gi.Fra offre il servizio fraterno e i mezzi per raggiungere la maturità ….la prima cosa che la Gi.Fra offre al giovane è un servizio a scoprire la propria vocazione.
La metodologia è quindi dell’attenzione al fratello che deve far sì che questi sia aiutato a scoprire la propria vocazione. Infatti caratteristica della Gi.Fra. è quella di essere composta da giovani alla ricerca della maturità e dalla complessità della propria vocazione. Allora il primo servizio da offrire sono i mezzi perché il fratello scopra la propria vocazione. Questa la base perché raggiunga la maturità umana, cristiana e francescana. Non una
vocazione già prestabilita, definitiva e fine a se stessa poiché il giovane alla fine della sua esperienza in Gi.Fra. è chiamata a continuarla nell’OFS oppure in altre forme ecclesiali. La Gi.Fra. non è esclusiva e neppure un seminario per il Terz’Ordine perché all’interno di essa si va sostanzialmente ad aiutare il giovane a scoprire la propria vocazione e a raggiungere la maturità umana, cristiana e francescana lasciando però un cammino e uno spazio aperto perché è un servizio che la Gi.Fra fa al giovane e in compenso fa alla Chiesa e alla società.
All’interno di questo servizio esiste il problema della fraternità. Il vivere il Vangelo in fraternità è l’elemento qualificante dell’essere gifrino perché molte volte ci si lamenta che non esiste una metodologia precisa, non esiste un cammino fatto a tappe ben studiate e cadenzate. Per molti versi questo è un limite, ma c’è una sostanza di fondo: la metodologia del francescanesimo esige, non tanto un approfondimento di temi o di tematiche o l’acquisizione di nuove regole o nuove nozioni, quanto un confronto continuo con il Vangelo all’interno, con e verso dei fratelli intesi come soggetti storici ben precisi. Il senso della fraternità non è soltanto un valore universale ma ha un valore oggettivo e pregnante nella misura in cui ci confrontiamo non verso un fratello ma verso il fratello che, nella fraternità, il Signore mi ha posto accanto. Nel suo testamento, Francesco dice di aver capito cosa il Signore volesse da lui nel momento in cui gli ha donato dei fratelli. Infatti nell’incontro con il lebbroso, con il frate che aveva delle difficoltà, con il Podestà che pensava alla guerra, con il vescovo che non incarnava il cristianesimo …..Francesco capisce veramente cosa il Signore vuole da lui. Ciò che ci fa capire come sia difficile introdurre metodologicamente e incasellar e in schemi precisi quello che è l’incontro con il fratello, che sostanzialmente è un rapporto umano, che varia da situazione a situazione, da fratello a fratello.
La fraternità è l’ambiente privilegiato per maturare la propria vocazione (vd. Nostro Volto), ma è anche il luogo dove questo tipo di discorso viene forgiato e trova la sua metodologia e le sue cadenze.
La metodologia di fondo è il fratello, “dono di Dio”, e come tale dobbiamo sforzarci di amarlo, di correggerlo e accettarlo non come vorremo che fosse, ma cosi come egli è. Questa è già una nota metodologica che però deve essere molto duttile poiché si deve aggiustare di volta in volta, a seconda delle situazioni e dei momenti particolari che il fratello sta vivendo. Tutte cose difficili da mettere in un cammino metodologico ma che, comunque, hanno la loro centralità privilegiante e che al tempo stesso deve essere privilegiata.
I MOMENTI e i SUSSIDI per portare avanti questo tipo di discorso sono:
Tutto questo è la metodologia, tutto questo è previsto dal Nostro Volto ed è entrato nella storia della Gi.Fra.
Vediamo ora alcuni aspetti particolari del contenuto della metodologia:
IL SERVIZIO.
La Gi.Fra. si caratterizza per questa disponibilità all’altro fratello che è gratuita e volontaria. A servizio è legata anche l’autorità secondo le modalità dell’essere. In fraternità è autorevole colui che è competente ad essere il primo ad indicare la via da percorrere. E’ lui che deve essere il primo a mostrare agli altri come si prega, come si è servizievoli verso gli altri, come si accolgono e si perdonano gli altri. È autorevole il primo che traccia (e non scrive) la via del cammino, colui che per primo è la via da seguire.
La PUREZZA DI CUORE.
Per Francesco il puro di cuore è colui che ha la mente e il cuore rivolto verso dio e si sforza di attirare tutti verso il cielo. Quindi il servizio al fratello è quello di invitarlo a guardare al Signore e a distaccarsi dalle cose terrene.
Quindi la purezza di cuore, l’obbedienza vista come conversione e abbandono n Dio, la povertà come senso di frugalità, di distacco e di condivisione, devono far parte della metodologia perché caratterizzano lo stile fraterno.
Lo stile fraterno ci caratterizza nei confronti di Dio attraverso la sequela di Cristo. S. Francesco ha abbracciato la povertà e l’obbedienza non come mezzo di miglioramento ma perché ha scelto Cristo povero e obbediente. Ciò riguarda anche noi perché se siamo discepoli di Cristo dobbiamo fare queste scelte che non sono opzionali e sulle quali non possiamo pronunciarci.
Il francescano deve mettersi alla pari del proprio fratello vivendo lo stile della minorità e lo spirito della pace attraverso il dialogo, marce ed altre manifestazioni.
STILE FRATERNO NEI CONFRONTI DEL REGNO DI DIO
Noi siamo in questo mondo , ma siamo attesi alla perfezione nell’altro, ciò non significa che ora non dobbiamo impegnarci, anzi è qui che dobbiamo essere testimoni della perfezione che sarà dell’altro mondo.
Francesco è il cattolico per eccellenza. Come lui occorre sentirsi e sentire come la Chiesa; occorre proporre agli altri quello che è il pensiero della Chiesa e quello che la Chiesa è.
Occorre vivere il servizio dove il Signore ci ha posto anche se ci sono delle scomodità. Guardarci prima intorno e, più che vedere ciò che a noi piacerebbe fare occorre andare a scoprire il bisogno dei fratelli che ci sono accanto.
Lo stile fraterno è per tutti, non esclude nessuno; è un cammino preciso ma non altrettanto ben codificato e ben scritto. Privilegiare l’incarnazione è una caratteristica francescana a dimostrare non con le chiacchiere, ma con la nostra vita, la maniera in cui Dio ama l’uomo.
UNICITA’ DELLA STILE, VARIETà DELLE ESPRESSIONI: METODOLOGIA DELLA SCACCHIERA
SUL CAMPO DELL’APOSTOLATO NON ESISTE UNA VIA BEN PRECISA PER LA GI.FRA. Non esiste una scelta precisa di attività ma uno stile di fondo che si deve applicare alle scelte che, secondo il luogo teologico del servizio, le singole fraternità fanno.
Metodologia della scacchiera significa dunque che la cornice vale per tutto il movimento francescano, ma le caselle di apostolato e di servizio sono varie in riferimento al loco teologico del servizio. Ciò che accomuna le diverse espressioni di servizio è lo stile fraterno che è uguale per tutti e che caratterizza la Gi. Fra.
Lo stile fraterno non deve essere sacrificato a nessuna metodologia perché abbiamo una storia precisa, una tradizione e delle caratteristiche ben radicate.
Anna Maria Pastorelli, missionaria in Brasile, in un numero di Vita Francescana, dice: “nella Gi.Fra. mi sono sentita chiamata a vivere la vita; ho imparato a donarmi e a vivere in fraternità; ho conosciuto il Vangelo e mi sono fatta obbediente alla Parola; ho imparato a servire e ad amare; ho scoperto la bellezza dell’incontro e dell’essere aperta all’altro. Ho scoperto la mia vocazione francescana: la “missione”.
La Gi.Fra. ha fatto di Anna Maria un dono per la Chiesa. Il compito della Gi.Fra. è anche quello di servire, pur dimenticando se stessa, e offrire il risultato dei propri sforzi e dei propri sacrifici alla Chiesa.
Il Nostro Volto e le linee internazionali offrono l’itinerario al giovane per approfondire la propria vocazione. E’ dovere degli animatori mediare le proposte dei documenti e la vocazione personale del giovane. Con questo servizio al giovane fatto secondo le caratteristiche fino ad ora enunciate, la Gi.fra. fa un servizio alla Chiesa e alla società perché rende i giovani più maturi dal punto di vista umano, cristiano e francescano.