GIOVENTU’ FRANCESCANA – NAPOLI

 


CORSO DI FORMAZIONE

 

 

NOLA, 1.2.87

 

DESTINATARI: Consiglio Regionale

                            Consigli locali

                            Due Rappresentanti delle fraternità locali

TEMA:DALLA ASSOCIAZIONE, MOVIMENTO; GRUPPO ALLA COMUNITA’ E ALLA FRATERNITA’

RELATORE: Fra’ Vittorio Clemente

 

 

 

3a RELAZIONE

 

 

 

ASSOCIAZIONE MOVIMENTO-GRUPPO

 

ASSOCIAZIONE

a)      Una struttura organica e d istituzionale definita in uno STATUTO;

b)      Adesione dei  membri che condividono gli scopi  e gli impegni dello Statuto;

c)      Adesione formale, da parte dei membri, in base alle norme dello Statuto;

d)      Stabilità ed autonomia dell’associazione, al di là del variare dei membri;

e)      Attribuzione delle cariche in base ai criteri formali prestabiliti dallo Statuto.

MOVIMENTO

a)      Alcune idee-forza ed uno spirito comune che fanno da elementi  aggravanti più delle strutture istituzionali ;

b)      Spesso l’aggregazione avviene  o inizia intorno alla figura di un leader;

c)      Si riconosce non in uno “statuto” ma in una “dottrina” e una “prassi” che tendono a  divenire spiritualità;

d)      L’adesione è “vitale” non formale  ed è continuamente rinnovata dai membri.

GRUPPO

a)      Una certa spontaneità di adesione e di permanenza da parte dei membri;

b)      Una certa omogeneità anche affettiva;

c)      Una grande libertà di autoconfigurazione in merito a  scopi, strutture ed attività del gruppo e  quindi tendenziale non uniformità tra gruppo  e gruppo.

d)      Dimensioni ridotte;

e)      Quando si tratta di  gruppi di spiritualità c’è un riferimento comune  ad una “figura” o ad un “valore”  comuni.

     Bisogna tener presente però che i termini associazione, movimento, gruppo sono spesso variabili  e non sono  neppure gli unici in uso. Bisogna dunque guardare alla sostanza delle cose  più che al nome.

In un campo come questo non si hanno realtà rigide  e fisse ed anche le associazioni  si aggiornano e si rinnovano fino  a modificare i propri statuti.

 

Sulla base delle “indicazioni Conciliari” i CRITERI DI ECCLESIALITA’ sono:

 

1.                          ORTODOSSIA DOTTRINALE E COERENZA DEI METODI E DEI COMPORTAMENTI

a.       Chiara adesione alla dottrina della fede cattolica e al Magistero della Chiesa che la interpreta e la proclama. È questa “condizione indispensabile” affinché una realtà possa esistere legittimamente nella Chiesa. E’ un’adesione non solo ai principi dell’ordine  etico e  religioso ma anche quando la Chiesa attua il diritto  e il dovere di intervenire con autorità presso i suoi figli nella sfera dell’ “ordine temporale” per giudicare dell’applicazione di quei principi ai casi concreti.

b.       Garanzia e  promozione di una limpida coerenza cristiana nei metodi formativi e nei comportamenti comunitari.

c.       Equilibrio tra appartenenza alla Chiesa e  al gruppo, preghiera  e azione, impegno nella Chiesa e nel mondo, vita del gruppo e  rapporti con le strutture, formazione personale e  comune.

d.       Tendenza   a realizzare un’intima unità tra fede  e  vita vissuta, sorretti dalla convinzione che l’incidenza  delle associazioni dipende dalla testimonianza e dallo spirito evangelico  dei singoli  e del complesso.

e.       Rispetto prioritario, da parte dei sacerdoti e  dei religiosi in esse coinvolti, degli obblighi della vita diocesana e della vita religiosa.

 

2.                        CONFORMITA’ ALLE FINALITA’ DELLA CHIESA

a.       Realizzazione di attività conformi alle finalità della Chiesa (evangelizzazione) sia per le associazioni con scopi spirituali, formativi e  pastorali sia per quelle che attendono ad opere di carità, pietà e  misericordia.

b.       La conformità alle finalità della Chiesa vale anche per le Associazioni che perseguono scopi di animazione cristiana dell’ordine temporale. Bisogna però distinguere ciò che i fedeli compiono in proprio nome, come cittadini guidati dalla coscienza cristiana e ciò che compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.

 

3.                        COMUNIONE CON IL VESCOVO

La volontà di “piena comunicazione con il Vescovo”, principio visibile  e fondamento dell’unità della Chiesa particolare (L.G.22) è autentica se si traduce concretamente nella disponibilità  ad accogliere.

a.       I principi dottrinali e gli orientamenti pastorali che il Vescovo richiama, nonché i sussidi spirituali e formativi che egli offre.

b.       La sua azione di Coordinamento pastorale che mira  ad armonizzare tutte le  attività  dei fedeli e a finalizzarle al bene comune della Chiesa.

c.       L’esercizio del suo compito di vigilanza, richiamo e correzione per il recupero della piena comunione.

 

4.                        RICONOSCIMENTO DELLA LEGITTIMA PLURALITA’ DELLE FORME ASSOCIATE NELLA CHIESA E DISPONIBILITA’ ALLA COLLABORAZIONE CON LE ALTRE ASSOCIAZIONI.

Si richiede rispetto, stima, apertura verso le  forme associative diverse dalla propria che si traduce nella disponibilità  al coordinamento e  alla collaborazione con esse.

Ultimo criterio di verifica sono i FRUTTI SPIRITUALI e  cioè:

-la preghiera,

-lo stile di povertà,

-la disponibilità alla carità ,

-il fiorire di vocazioni,

-la invenzione di nuovi metodi di evangelizzazione,

-il coraggio di una presenza in ambienti difficili,

-il maturare di vere conversioni,

-la forte presa sui giovani ed il tentativo di accostare i lontani dalla fede,

-la riscoperta della fraternità vissuta,

-la valorizzazione di carismi  e ministeri.

Questi frutti sono da verificare  alla luce di tutti i  valori cristiani. Così la povertà non è pauperismo polemico; la carità fraterna va esercitata verso le persone e le strutture ordinarie della fraternità senza altezzose prese di distanza. Le vocazioni devono essere verificate dalla Chiesa ed inserite nei normali canali formativi. La presenza non deve essere intollerante. La fraternità non deve essere intimismo. L’apprezzamento dei carismi non deve essere ricerca dello straordinario.

 

 

 

 

FRATERNITA’ NOSTRA VOCAZIONE

Il “gruppo” nasce dall’esigenza tipica dell’uomo di associazione, aggregazione, realizzazione sociale.

L’uomo  è  un essere sociale ed una delle sue primarie aspirazioni  è quella di condividere con il suo simile affetti, esperienze, idee, vita.

Il “gruppo ecclesiale” nasce invece dal desiderio dell’uomo di trovare nuovi spazi di vita nel confronto con le altre persone in materia di fede(esperienza spirituale). È basata per lo più sullo spontaneismo che si traduce nel desiderio comune di vivere la propria fede e condividerla.

Esso ha un suo preciso ambito (la Chiesa) e fisionomia (l’autoaggregazione)  e tuttavia forme di concretizzazione notevolmente variabili  (gruppi missionari, di preghiera, di volontariato, catechistici).

Il “gruppo” diventa “comunità” quando da momento di aggregazione spontanea diventa luogo in cui i  singoli trovano non solo i  fondamenti  e gli obiettivi della loro ricerca ma anche i metodi di realizzazione.

La comunità ha una precisa “carta d’intenti” che ne caratterizza la natura  e l’identità.

Essa ha un ideale da realizzare, uno scopo per il quale si sta insieme  ed è questo che accomuna tutti i singoli , ne motiva l’impegno e   la partecipazione , ne specifica la vocazione.

La comunità ha criterio di organizzazione  molto più definiti e meno autonomi o “spontanei” del gruppo; l’appartenenza è definita in maniera più rigorosa, la guida è affidata ad alcune persone prescelte dalla base.

Esso, differentemente dal “gruppo di lavoro ecclesiale“ , non esaurisce il suo significato nella realizzazione del progetto comune, ma si caratterizza anche per l’esigenza conclamata dei singoli di “revisione” e “condivisione” del cammino di fede personale  e comunitario.

La FRATERNITA’ nata come realtà da  una sensazionale intuizione di Francesco (che tuttavia preferiva il termine concreto “fratello” e non quello astratto “fraternità”) è basata su una comprensione profonda  della persona di Gesù: figlio di Dio e  di tutto il mistero trinitario.

Attraverso il Cristo, generato dal Padre, si comprende di poter arrivare al Padre e quindi il nostro cammino di fede, in fraternità, viene arricchito dalla coscienza di questa “comunione profonda tra il Padre, il Figlio e noi”.

La Fraternità  è      allora basata su una precisa identificazione delle tre persone della Trinità :

    -il Padre che crea;

    -il Figlio che redime;

    -Lo Spirito, comunione tra Padre e Figlio, che vivifica e santifica la vita fraterna.

 

La Fraternità diventa allora “comunità concreta” nella quale l’esperienza di ognuno è comunicata e nasce dalla comunione vissuta come “dono reciproco”.

Si diventa quindi “fratelli di Cristo e  fra di loro in cammino verso l’unico Padre”.

Nella fraternità è il fratello il protagonista, ancora  e molto di più dello “scopo comune”  o “progetto di vita fraterna”. In sede di revisione, la fraternità non può confrontarsi con il cammino percorso nella realizzazione del progetto comune, ma particolarmente nella crescita, personale  e comunale dell’amore verso il fratello!

La Gi.Fra. è una fraternità quindi non è fondata sulla “socievolezza naturale” o su “affinità ideologiche” ma sulla convinzione che “ogni uomo  è figlio di Dio e fratello in Cristo”.

La Gi.Fra. va quindi oltre l’affinità esistente  nei gruppi politici o l’entusiasmo di certe comunità di base. Essa è solitamente organizzata con una sua REGOLA (“IL NOSTRO VOLTO”) che caratterizza e specifica la vocazione del gifrino.

Infine, c’è da aggiungere che non c’è classificazione in termini di valore tra gruppo, fraternità e comunità ma solo una differenza fondamentale di VOCAZIONE che è necessario conoscere.