GIOVENTU’ FRANCESCANA – NAPOLI

CORSO DI FORMAZIONE

CERRETO S., 4/5.4.87

 

 

 

DESTINATARI: Consiglio Regionale

                             Consigli Locali

                             Due rappresentanti  delle fraternità

 

TEMA: RELAZIONE ED INTERAZIONE  NELL’ANIMAZIONE DELLA FRATERNITA’

 

RELATORE: Fra’ Luigi Monaco

 

2a  RELAZIONE

 

Lettera  a (vd. Schema): aggancio alla lezione precedente.

 

Nelle ultime battute della lezione di Nola, dicemmo che: ANIMARE significa “dare un’anima, un sostegno vitale, uno scopo, ravvivare una finalità, riproporre un’idea”.

Questo concetto di ANIMAZIONE è la risultante degli altri concetti di relazione, interazione, partecipazione.

Per questo, l’ ANIMAZIONE è il frutto di un discorso, di una vita vissuta insieme, cioè è la risultante  di un’”impostazione vitale”. Il che vuol dire che animare non è soltanto una tecnica quanto piuttosto indica anche dei contenuti fondamentali psichici, delle disposizioni personali, delle inclinazioni temperamentali.

Su queste doti naturali si vanno poi ad inserire i dati tecnici, che noi possiamo acquisire attraverso la cultura e l’esperienza. Per questo, a  volte, si rischia di avere ottimi tecnici che conoscono tutte le dinamiche in rapporto all’animazione però, se non hanno un’attitudine connaturale, rischiano di applicare la tecnologia in maniera errata, senza ottenere risultati.

Al contrario, possiamo avere persone con fortissime inclinazioni personali non accoppiate alla tecnica; pure, per questo, potrebbero non riuscire nella sostanza.

Quindi bisogna unire le due inclinazioni:

-INCLINAZIONI PERSONALI;

-STUDIO, ACQUISIZIONE.

Perché l’animazione è la risultante non già di un momento particolare bensì la risultante di tutta un’impostazione relazionale, interrelazionale, di un concetto di PARTECIPAZIONE.

Quindi, l’animazione non è soltanto un’azione momentanea ma risultato di un “impegno di vita di fraternità”.

Bisogna superare subito una difficoltà: “La fraternità non deve essere vissuta soltanto in quel determinato momento in cui ci troviamo in un dato rapporto spazio-temporale, cioè a  dire all’interno delle mura delle nostre sedi e del tempo che stiamo assieme”.

Ecco perché le fraternità più efficienti di solito sono quelle che , oltre ad essere unite da un concetto di fraternità all’interno della struttura sono caratterizzate da una relazione, comunione intensa, anche al di fuori della struttura.

Dovremmo fare un passo indietro più che avanti: tradurre la nostra amicizia spirituale e quindi la nostra ANIMAZIONE sì da tornare a riacquistare quella dimensione di amicizia, di rapporti umani che ci permette di vivere anche nel resto della giornata, in un rapporto privilegiato con gli amici.

Infatti, non è possibile ridurre la vita di fraternità e l’antecedente, susseguente e   conseguente  ANIMAZIONE soltanto al momento in cui ci vediamo…in fraternità.

In pratica, l’animazione deve diventare un’esigenza vitale per la quale ci presentiamo, non solo, ma portiamo il nostro contributo nella società in quanto giovani, in quanto coppie, in quanto francescani.

In questo contesto, allora, l’animazione, appare sempre come un “MODO DI RELAZIONE”. Questo modo di relazione  può essere spiegato attraverso varie articolazioni.

ANIMAZIONE è eguale ad un modo di porsi in relazione con gli altri.

Es: “Vedo una persona e  mi risulta simpatica; subito lei percepisce  questa mia simpatia anche non volendo”. Di riflesso, questo tipo di relazione fa si che molto di me passi in lei  e molto di lei passi in me”: questa è la relazione.

E l’ANIMAZIONE è proprio un modo di relazione.

Allora, nella fraternità in cui non c’è relazione, non c’è animazione, oppure laddove c’è una relazione di tensione o una relazione a  due  a due che non coinvolga tutta la fraternità, la vita di relazione è povera e povera risulta  anche l’animazione.

Allora, avviene che quando un sottogruppo minimale (3-4 persone unite in relazione  tra loro ma non con il resto della fraternità) propone qualcosa, la fraternità non lo segue affatto perchè non ha relazione, e quindi non si lascia animare.

Da accurate indagini dei “modi di relazione” all’interno della fraternità, si può capire molto bene perché dei singoli  hanno una certa incidenza sulla massa, altri invece non riscuotono “successo” : alla base c’è sempre una relazione diversa, che porta anche ad un’animazione diversa.

Quindi, se la fraternità non si lascia animare è si perché  è terreno  duro, non malleabile, non disponibile alla formazione (potrebbero essere tante le situazioni perché vi sia una crisi “in toto”) però una delle spie per arrivare a sanare questa fraternità malata è il rapporto interpersonale, quindi non uno ad uno, ma tra le persone  e come relazione.

Quindi, quanto più siamo capaci di relazione, tanto più animiamo. Ed il Consiglio in questo ha grandissime responsabilità perché se ogni Consigliere riesce  a stabilire delle relazioni con almeno 5 persone, nella gran parte dei casi, la sola RELAZIONE DEI CONSIGLIERI porta all’animazione di tutta la fraternità.

Questo comporta:

-un atteggiamento attivo verso gli altri, vale a  dire “Io soggetto di relazione non devo subire, devo prendere l’iniziativa, stimolare, dare l’anima, richiamare e  talvolta scuotere perché ci sono  alcuni elementi realmente passivi ed apparentemente insensibili”.

Pertanto, una volta superate le passività personali, bisogna proporsi agli altri come ELEMENTI ATTIVI.

Ancora bisogna:

-suscitare la determinazione libera  ed autonoma. Infatti, animazione non vuol dire “sostituzione”: non abbiamo davanti robot o   macchine, quanto piuttosto dobbiamo suscitare nelle persone che animiamo la determinazione libera  ed autonoma. Il Consiglio, come buon esempio, fa bene  a  tappare i buchi, però in dimensione educativa, non deve in tutto e  per tutto sostituire gli altri membri, perché questo sarebbe un brutto vezzo nel senso che avremo sempre degli infanti cioè persone mai capaci di “autodeterminarsi”.

Invece, la fraternità e il Consiglio, che hanno lo scopo di preparare e formare uomini, cristiani e  francescani, devono anche  essere capaci di formare degli uomini, perciò talvolta anche “agire su di essi in modo da costringerli ad autodeterminarsi”.

Dunque, sono due concetti:

-suscitare la libera determinazione e la determinazione vuol dire operare una scelta;

Ad alcuni fa piacere, in una forma di narcisismo spirituale, andare d’accordo con il diavolo e l’acqua santa. Invece, la determinazione comporta: “chi non è con me, è contro di me!”.Il vostro linguaggio sia: sì; si, no,no!!

Perciò anche con gli emarginati, cioè persone che stanno ai margini senza lasciarsi coinvolgere; irriducibili, quelli che la pensano sempre allo stesso modo, in negativo; anche in costoro, noi dobbiamo suscitare una determinazione.

SUSCITARE DETERMINAZIONE

-libera, nel senso che ciò che è  scelto, è scelto per motivazioni profonde;

-autonoma, perché la determinazione deve essere libera da ogni tipo di “dipendenza”.

La dipendenza infatti nella vita di fraternità  porta a: dispersione (l’Assemblea è  strumentalizzata o comunque influenzata da presenze che si credono autonome ma, in realtà autonome non sono, e di riflesso, in fraternità, si finisce per creare “tensione”) in quanto ognuno tira la fraternità dalla propria parte e si perde la stessa identità.

Così avviene che l’animazione non è in crescita ma in distruzione cioè c’è più movimento, più dinamismo, più idee proposte ma nessuna di queste concretizzata, portata a termine; ci sono incontri forse più animati e più polemici, ma in realtà non si costruisce.

Bisogna suscitare la determinazione libera  ed autonoma:

- all’interno del gruppo ma non solo in quanto l’animazione non è solo all’interno del gruppo bensì

-e del gruppo con gli altri, per noi la regione (abbiamo una fraternità regionale  e nazionale) e la    realtà circostante (altri gruppi, ecc..).

In ossequio all’art. 21 del documento CEI “comunione  e  comunità missionaria” vi rinnovo la proposta che siate voi, fraternità Gi.Fra ad animare anche gli altri gruppi ecclesiali in maniera tale che ci sia un’interazione un interscambio, come già qualche anno si cominciò a  fare anche tra le fraternità vicine.

L’animazione “favorisce dei confronti , distinguendo le situazioni di scontro  quelle che elaborano nuove soluzioni”.

L’animazione, in quanto modo di relazione, favorisce un confronto. E il confronto è possibile solo se si è liberi ed autonomi.Quindi l’animazione non è fatta solo quando si sta tutti insieme  ma anche nei rapporti interpersonali , quando la fraternità e tutto ciò che essa comporta non è l’oggetto immediato della nostra “relazione od interazione”.

L’animazione deve “favorire il confronto senza aver paura” anzi, secondo una teoria del Popper, studioso di psicologia relazionale, quando la pensano tutti allo stesso modo, facilmente si sbaglia, perché alla fine è uno solo che pensa influenzando tutti gli altri.

Perciò anche all’interno delle nostre fraternità  dobbiamo accettare lo scontro, il dissenso di fronte al quale non bisogna  arrabbiarsi né cercare di eliminare l’altro, non giocare attraverso i meccanismi di difesa; piuttosto accogliere e  cercare il confronto.

Più grave invece è il caso di consiglieri che si  scontrano in Assemblea: questo perché  il Consiglio ha un’altra sede dove verificare il confronto ed ah anche la vocazione di mostrare agli altri una comunione non fittizia, sofferta all’interno ma espressa all’esterno, un’unità di decisione che, se assente, perderebbe  molta incisività.

Questo non per mostrare un volto falso della fraternità ma perché la fraternità  ha bisogno di una direttiva chiara  e precisa. Quindi tale comportamento risulta a  vantaggio della fraternità. Per cui è raccomandabile una certa discrezionalità all’interno del Consiglio sì che non si sappia tutto di tutto ciò che succede all’esterno e questo non “per nascondere le cose”, ma per evitare eventuali divisioni.

L’animazione distingue anche le situazioni che elaborano nuove soluzioni. Quindi bisogna arrivare sempre  a delle determinazioni:

VEDERE;

GIUDICARE;

AGIRE.

Situazione di confronto: VEDERE; vediamo come stiamo, quale è la situazione. Questo VEDERE può anche diventare scontro, e quindi diventa GIUDIZIO. Tuttavia, ci deve anche essere finalmente l’ AGIRE e quelli elaborano nuove soluzioni. Non si può stare sempre a discutere: una fraternità che discute troppo si scarnifica, vive in uno stato di tensione costante e di “ipercrisi” o “ipernervosismo”. Ecco perché , quando si è discusso a sufficienza, bisogna anche cercare nuove soluzioni. Bisogna quindi che l’animatore distingua laddove c’è solo il gusto della discussione (ed anche nei nostri ambienti di sofisti ce ne sono tanti) e laddove c’è invece il tentativo di un asoluzione nata da un confronto autentico.in questa dimensione, è evidente che l’ANIMAZIONE MODIFICA UNA RELAZIONE INTERPERSONALE.

Ora, se io entro in relazione autentica e  vera con l’altro, qualcosa di me passa nell’altro  e qualcosa dell’altro passa in me, e questo porta ad una progressiva modificazione del rapporto interpersonale.

Allora, se il soggetto che sta in relazione  con la fraternità non modifica  il proprio tessuto esistenziale , il proprio comportamento, allora vuol dire che è in “rapporto non relazionale”: siamo ad un punto di riferimento, e non già di partecipazione.

L’ANIMAZIONE IN FRATERNITA’  deve portare ad una conversione del proprio comportamento personale, in modo tale che tutti i singoli convergono al traguardo del loro convergere  un altro oggetto e  un altro soggetto che noi sappiamo essere Cristo attraverso S. Francesco.

E’ proprio questa la  forza generatrice della fraternità: attraverso l’animazione si genera un “nuovo essere” (IL NOSTRO VOLTO, 6, a-m). Quindi, se la fraternità non modifica i comportamenti e la esistenze dei soggetti, deve interrogarsi sul perché non riesca ad animare quello che lo Statuto e soprattutto Gesù in Marco (“convertitevi e credete al Vangelo”) ci avevano donato, cioè un nuovo stile di vita.

L’ANIMAZIONE deve introdurre più responsabilità nella fraternità. Noi viviamo una fase educativo - pedagogica: educativa, perché educhiamo, traduciamo una fraternità costantemente nuova,  pedagogica perché ci poniamo di fronte agli altri come modelli.

Ma SCOPO DELL’ANIMAZIONE  è promuovere la partecipazione e la responsabilità di tutti ii membri all’interno della fraternità. Come riuscire in questo?

Introducendo soggetti già maturi, coscienti e  responsabili nei piccoli sottogruppi, come “livito nella massa”.

L’animazione del Consiglio deve quindi favorire: la vita fraterna, il senso di libertà e di responsabilità.

La RELAZIONE è anche incontro con “delle persone e  non dei ruoli”. Quindi, quando nel dinamismo della nostra animazione, incontriamo degli incaricati a varie mansioni, dobbiamo ricordarci di avere davanti delle persone con tutti i loro problemi e non quindi incontrarli secondo il ruolo. Così allo stesso modo ci si augura che gli altri sappiano vedere negli animatori delle persone e  non il Presidente, il consigliere, ecc..In realtà, ci si auspica che lo stesso Consiglio sia considerato dalla base non già per il ruolo che copre, quanto piuttosto per la “dimensione fedele evangelica e  cristiana che ha”.

INTERAZIONE: cosa significa?

SCAMBIO IN UN GRUPPO DURANTE LA DISCUSSIONE.

Ciò avviene sempre ma non bisogna farsi ingannare, infatti, durante l’interazione, all’interno di una discussione, il 90% delle cose non ha grande significato in termini di “autentica animazione”. A volte bisogna saper incassare, saper perdere; non bisogna dar troppo valore a “reazioni spropositate” che ha volte conseguono  a “premesse sbagliate” e sono frutto di un’impostazione psicologica molto precaria. Più generalmente l’interazione  è una ”relazione interumana”  nella quale un intervento, un atteggiamento, un’impressione o un’azione provoca un’azione di risposta (anche di silenzio)  che si ripercuote su colui che ha preso l’iniziativa.

L’interazione produce: attrazione o ripulsa:

                                      simpatia o antipatia.

Ecco perché bisogna stare molto attenti  ai “nuovi arrivi” in fraternità; la simpatia o l’antipatia verso la fraternità è mediata  oltre che mutuata da questi incontri, cioè da quegli incontri che si hanno all’arrivo di un soggetto nuovo.

L’interazione avviene anche tra il “singolo e la fraternità”. Quante volte la simpatia o  l’antipatia hanno condizionato l’arrivo e l’eventuale permanenza  o abbandono di un elemento nuovo in fraternità!

L’interazione produce  “pressione su alcuni membri” (vd. Schema). Premere vuol dire motivare , spingere emotivamente  perché si prendano determinate decisioni. E’ qui che il Consiglio deve pregare  molto specie quando “ammette” alla Promessa  o quando richiama per un momento di verifica: non deve  subire pressioni!!!

Anche il gruppo esercita pressione!

L’interazione è un’integrazione attiva nel gruppo. L’interazione non è negativa: anzi, è uno dei respiri, ha una forte carica positiva, soprattutto se sappiamo utilizzarla in questa dimensione, cioè  di portare ogni interazione  alla produzione di un’integrazione attiva di ogni singolo membro nella fraternità.