Una lezione di cristianesimo

 di Rocco Pititto

1. Ritratto di un maestro

           II 4 febbraio 1993 finiva improvvisamente la sua giornata terrena fra Luigi Monaco, lasciando in tutti noi un vuoto incolmabile. Su una strada gli veniva incontro il suo Signore, dopo una vita vissuta intensamente e gioiosamente per Dio e per l'uomo. Realmente la sua vita era stata una folle corsa. Di lui, della sua passione per Dio, consumata nel servizio ai fratelli, si può ripetere la parola della Scrittura: «consummatus in brevi explevit tempera multa» (Sap. 4, 13). Nella sua figura abbiamo visto incarnato il ritratto dell'autentico Frate Minore, secondo le parole de Lo specchio della perfezione (FF 1782). Fede e speranza, semplicità di mente e purità di cuore, cortesia e carità, inquietudine e spirito di preghiera, pazienza e longaminità, spirito di povertà e distacco dalle cose sono le virtù del perfetto Frate Minore, che abbiamo visto risplendere nella sua vita.

Ora la sua fatica terrena è terminata e vive nella luce di Dio la giornata che non conosce tramonto. Ma da lassù continua ad operare e a insegnare. La memoria di parole e di gesti della sua vita è ancora viva tra quanti abbiamo vissuto con lui una stagione della nostra vita. La sua presenza non ci ha abbandonato e continua a parlare ancora attraverso i suoi scritti. Proprio da questi scritti scaturisce una grande lezione, che non possiamo disperdere. Qui consideriamo, solamente, il suo Non tutto è zizzania, una serie di pensieri e di annotazioni, quasi un diario in pubblico, come una ricerca su come vivere il cristianesimo in un'epoca, così difficile e controversa come l'attuale.

2. Un cristianesimo vissuto

Realmente Non tutto è zizzania è una lezione di cristianesimo: viene da lontano e conduce molto lontano. Non un cristianesimo trionfante, che si nutre di certezze incrollabili, ma un cristianesimo in cammino, pellegrinante, che si costruisce giorno dopo giorno, nell'accettazione della realtà umana, così come si presenta allo sguardo dell'uomo, un cristianesimo che nel frammento ritrova la totalità. «Perché è nella nostra quotidianità che dimostriamo la nostra bravura; il quotidiano è la palestra dove ci si misura, dove si è sconfìtti, dove si esce vincitori». La fatica della fede appartiene al credente e nulla può risparmiargliela. Nel silenzio dell'anima, nell'oscurità di ogni andirivieni umano si apre uno spazio per Dio; nella dolcezza dell'incontro con l'altro nasce la vera identità dell'uomo . Solo l'uomo che vive «le cose normali con spirito eccezionale», misurandosi «costantemente con l'eterno», e vedendo con «l'occhio della fede», può incontrare Dio, non l'uomo «mascherato», che vive in trasferta. Ma Dio lo si incontra con gli altri, in mezzo agli altri, u-scendo dalla propria solitudine, vivendo solidarmente la condizione umana dell'esodo.

3. Camminare con l'uomo

La domanda sull'uomo percorre tutte le pagine del libro. Ma non c'è una risposta univoca, perché tante sono le risposte. E' vero «l'uomo è un mistero a stesso», sospeso tra la vita e morte. «Il suo interrogativo torna sempre a se stesso: è come un boomerang, cerchiamo di allontanarlo, di lanciarlo nella vita per staccarlo da noi: inevitabilmente torna, con più insistenza». La solitudine , l'angoscia e la morte lo possiedono. Solo «quando nel deserto del cuore umano, in questa solitudine immensa di misteri, di luce e di ombre, germoglia il seme di Dio, la solitudine è vinta per sempre». Il mistero dell'uomo diventa comprensibile nell'incontro con Dio, che diventa inevitabilmente incontro con gli altri e cammino insieme con gli altri.

Dio e l'uomo sono le coordinate di questa lezione di cristianesimo. Non c'è l'uno senza l'altro, perché dopo la creazione, e prima ancora, Dio e l'uomo si implicano a vicenda. L'incarnazione è la scelta di Dio creatore, che vuole partecipare la sua divinità all'uomo. L'incarnazione di Dio continua la creazione. Non il peccato è all'origine dell'incarnazione, ma l'amore stesso di Dio per l'uomo, la chiamata dell'uomo alla libertà. L'assunto dei maestri della scuola francescana viene qui riproposto. E' questa la costante che si ritrova in ogni pagina del libro. Le radici di cui si è nutrita un'esperienza di vita, che si comunica ora a noi, che con lui abbiamo vissuto una stagione del nostro patire e del nostro sperare.

 Un Dio che si fa uomo e un uomo che diventa Dio sono i protagonisti di una storia infinita; di questa nostra storia, perché qui si parla soprattutto di noi e del nostro incontro con Dio. E questa storia è narrata senza un disegno preciso, sul fìlo della memoria, scavando tra autobiografìa e cronaca, mettendo insieme spezzoni diversi di una vita vissuta profondamente e gioiosamente, dialogando con Agostino e Teresa d'Avila, con Tommaso e Endokimov, con Livio e Giovenale e con altri ancora, autori antichi e moderni. Scritti occasionali, composti in tempi e con intenti diversi, confluiscono in una unità, fino a comporre come una sinfonia, la sinfonia dell'amore di Dio per l'uomo. Dentro questa sinfonia c'è tutto Luigi Monaco, e ci siamo pure tutti noi. Perché le sue paure sono le nostre, e così le sue gioie, le sue speranze. Egli ha parlato anche di noi e con noi ; ha prestato a noi le sue parole e i suoi pensieri ; ha pregato per noi e con noi; ha sofferto e gioito con noi. Noi i destinatari delle sue riflessioni e gli interlocutori del suo parlare. E, forse, proprio pensando a noi, a noi suoi compagni di viaggio, fratelli nella fede, testimoni della sua speranza, alla nostra presenza che si è accompagnata alla sua storia, che ha potuto dare a questo viatico per i giorni il titolo di Non tutto è zizzania.

4. Il mondo come mondo di Dio

Contro la tentazione, assai ricorrente oggi , di condanna del mondo, fuggendo da esso e proponendo una spiritualità amondana, negatrice dei valori umani, c'è qui la rivendicazione insistente del mondo creato come mondo di Dio, dono del suo amore e luogo dell'impegno dell'uomo. E proprio assumendo questo impegno, l'uomo continua la creazione di Dio. Il grano è la parte di Dio che vive nel mondo; la zizzania è solo la negazione di Dio, il soffocamento di quanto è da Dio: noi credenti siamo il grano , o almeno siamo sollecitati a diventare grano, frumento di Dio per ogni uomo. Anche Abele, parte di Dio nel mondo, deve prevalere su Caino, la negazione di Dio, nonostante tutto. Noi possiamo e dobbiamo vincere il male: è il nostro compito ed è il nostro impegno. Certo, «il panorama offerto ai nostri giorni non incoraggia alla gioia. Tra gli intrighi politici, gli interessi personali e nazionali, la confusione in campo teologico ed in quello dei rapporti internazionali, è difficile, confessiamolo, trovare un minimo spazio per la speranza e per la fede». La nostra testimonianza diventa più difficile, ma è la sostanza del nostro essere cristiani, oggi.

5. Un cristianesimo nel segno di Francesco

La presenza di Francesco è avvolgente. Di lui non si parla esplicitamente nel libro; nelle pagine il suo nome non ricorre mai; ma lui è sempre presente, è come l'aria che sostiene la vita stessa. Del resto, come spiegare il racconto di un innamorato di Francesco, come Luigi, senza avvertire pagina dopo pagina, parola dopo parola, una presenza viva, che riempie di sé tutta la scena. Perché presente dappertutto, di Francesco si poteva anche non parlare. La lezione di cristianesimo proposta vive del «modo di vivere secondo la forma del santo Vangelo» indicata da Francesco. E questa lezione si espande nel delineare i percorsi di una spiritualità francescana secolare, come risposta all'esigenza di autenticità del mondo di oggi.

La rivalutazione della realtà umana è nel segno dell'eredità di Francesco, rivissuta in proprio, fatta carne della sua carne. «Il credente non ignora la pesantezza della storia e la tragica realtà di questi nostri giorni». Ma è in questo spazio che si gioca la credibilità del credente: «nella possibilità che gli è offerta nella storia reale che va accolta, accettata, vissuta con condivisione e responsabilità, ma tuttavia, va anche mutata». Per questo «Siamo chiamati al sano realismo che ci spinge ad una laboriosità quotidiana, nelle piccole come nelle grandi cose, per sviluppare quel regno già presente, ma che postula il contributo della nostra piena adesione e della nostra generosa vigilanza».

Sono delineati qui i termini di una spiritualità francescana secolare, che è necessario incarnare nella vita di ogni giorno:

- piena accettazione della realtà umana;

- rivalutazione della stessa realtà, perché da Dio;

- la realtà umana è il campo del nostro agire;

-         il dolore e la morte non sono rifiutati; ma accettati con amore, perché s'inscrivono nel disegno di Dio per l'uomo;

-         ricerca della solidarietà, perché la salvezza non è una avventura individuale , ma un cammino nel mondo insieme con gli altri.

             Per questo Non tutto è zizzania deve essere ancora "letto".

(Campania Serafica, 26 (1994). 2, pp.9-11).