di P. LUIGI MONACO
«II senso di una scelta»
si compone di due parti:
1) coscienza del proprio essere Chiesa;
2) l'essere del Francescano secolare.
II senso profondo è: ritornare alle sorgenti. Il dramma che si vive nel
mondo cattolico è la rievangelizzazione, la riscoperta del proprio essere; è lo
stesso dramma di noi Francescani: il nostro essere nella Famiglia francescana.
«Chi sei?». «La Chiesa ha bisogno di voi» ha detto
il Papa, espressione che è frutto di una nuova ecclesiologia, anche se affonda
le sue radici nell'Ottocento. Il senso della vocazione del Francescano secolare
è che Dio dà alla sua Chiesa il Francescano secolare, perché questi possa
restituire a Dio tutto il mondo. Quindi è da escludere la dimensione personale
del Francescanesimo secolare.
L'uomo, che è di fronte a Dio come
all'assoluto (perché Dio si rivela a tutti gli uomini e al Cristiano si
rivela come Padre), la coscienza di me uomo, di me creatura, insufficiente nei
confronti dell'Essere a cui partecipo, che è Dio, sono trattati da Karl Rahner in «Uditori della Parola». Il cristiano è
l'uomo in attesa di una certa rivelazione da parte di Dio. L'autocoscienza del
proprio essere, una maggiore stima di sé è il frutto di questa visione.
Conseguenza: la conversione; «Convertitevi e
credete al vangelo». Alla Chiesa oggi compete di
continuare la Rivelazione: annunciare la morte e la Resurrezione di Gesù. E
ogni cristiano è membro della Chiesa. Perciò la Grazia ha sempre valore
comunitario. Ogni cristiano, membro della Chiesa, è
responsabile della Chiesa: niente è nostro, anche se tutto è nostro
perché tutto è di Dio. Da qui l'inserimento nella comunità ecclesiale. La
Chiesa è nostra madre, ma anche nostra figlia: noi generiamo la Chiesa. Noi
cristiani siamo relativi: in tanto ci salviamo, in quanto salviamo gli altri;
liberati, perché siamo stati liberati, liberiamo gli altri. Il cristiano che
non è apostolo è apostata. Questo non come una condanna, ma con
quell'entusiasmo con cui ci presentiamo a Dio come partecipi di tutta l'umanità.
Deve esistere perciò una comunione profonda tra laici e gerarchia: la Chiesa è
una. Non vale essere consacrati se non in rapporto alla chiamata e alla
risposta che si dà ad essa. Il Nuovo Codice di Diritto Canonico afferma la
fondamentale uguaglianza di tutti i battezzati ed è una rivoluzione: perfino i
«voti» specifici sono guardati con un certo sospetto, perché ogni cristiano,
ogni battezzato è un consacrato. Qual è, dunque, il senso di una scelta? Qual è
la missione del popolo di Dio? è quella della lode a Dio.
Il laico ha la missione propria del popolo di Dio nella sua funzione
sacerdotale, profetica e regale. Noi come laici abbiamo il ruolo profetico,
sacerdotale e regale che nessun altro può svolgere. È il nostro compito e
nessuno può sostituirci = autocoscienza del proprio essere. Non vale che ci si
dica: «Anche tu», piuttosto ci si deve dire «Proprio tu, a te
spetta». Il laico è membro attivo del Popolo di Dio. Guai agli assenteisti,
agli inerti; il laico deve essere membro attivo del popolo di Dio e in
comunione con la Gerarchia, deve cercare la propria funzione, il proprio ruolo.
Bisogna uscire dalle sagrestie. Il laico non esercita una funzione
clericale né il prete una funzione laicale.
Bisogna essere gelosi della propria specificità; oggi non è tempo di
genericità. Il laico deve svolgere una funzione specifica nel mondo, è
depositario, custode e responsabile delle promesse messianiche. La competenza
apre la via alla fede, perciò la necessità di formare per svolgere la
propria missione nel mondo. Guai alle nostre Fraternità quando si chiudono in
se stesse. I «voti» devono servire a liberare le coscienze, non sono dei
privilegi. Dio si rivolge alla Chiesa dove i laici hanno la preponderanza non
solo di numero, ma anche di disponibilità: bisogna vivere nel mondo guidati dal
Vangelo. Conseguenze: essere presenti nel mondo di oggi. Cristiano è
colui che vive alla presenza (presenza di sé a se stesso). «Coscienza» è
oggi la presenza di sé a se stessi e S. Ambrogio definisce la coscienza = la
dimora di Dio in noi. Tagore disse: «Dateci il Vangelo della rosa (cioè della
carità) e noi crederemo».
La vita del Cristiano deve essere una risposta che rende vera la novità
di vita che ha in sé. Di qui il partecipare. Se ieri ce la prendevamo
con i manichei, oggi sono tante le frustrazioni da cui dobbiamo liberare il
mondo e che non sono lontane da noi. Oggi si va in Fraternità e non si sa che
cosa dire. Come si fa a non mettere una scuola in Fraternità? a non avere un
tipo di proposta da fare?
Il Francescano è soltanto uno zappatore, poi verranno altri e
raccoglieranno. Il Francescano non ha mai un compito unico, sta con chiunque e
opera in qualunque campo. Avere un compito unico sarebbe un fallimento.
Evitiamo il dualismo per la comunione, stiamo accanto agli altri
e con gli altri. Anche quando preghiamo non bisogna evitare la persona che ci
da fastidio. Il rischio difficile e non la fuga facile è specifico del
cristiano laico. La fede è la roccia su cui dobbiamo fondare il nostro essere.
La fede è così umile che, quando si ha, non la si vede neppure. La
testimonianza è anche sostegno all'essere degli altri. Dalla fede nasce il
nostro ottimismo. Dobbiamo godere di questo mondo in cui Dio è presente.
Non ci si può concepire indipendenti da Dio, al contrario bisogna accettarsi
come Dio ci ha voluto, accettare che tutto nasce dall'aiuto di Dio più che
dalle nostre capacità.
Ci riferiamo all'art.14 della Regola OFS. II Francescanesimo del 1° e
3° Ordine non è fine a se stesso. Ci si può salvare ugualmente fuori dall'OFS.
Noi, chiamati con gli altri uomini, dobbiamo sentirci prima di tutto cristiani,
si mitizza troppo Francesco. L'art. 14 insiste su questo particolare. La prima
affermazione di minorità e di ritenersi servi inutili, pur professando
fedeltà alla vocazione e alla scelta. Ma questa fedeltà deve essere vissuta
proprio come cristiani, nel senso di fedeltà al Battesimo e a Cristo. Al centro
e Cristo, la Chiesa, l'uomo II nostro traguardo non è Francesco, ma Cristo.
Bisogna insistere su una cultura cristiana prima che francescana. L'OFS è
un'esperienza all'interno del Cristianesimo ed è una esperienza che deve essere
personalizzata nessuna superficialità nell'ammettere all'Ordine, nessuna
superficialità dopo aver ammesso all'Ordine. La scelta francescana si integra
con quella cristiana, è parte di essa.II Vangelo nella sua totalità deve essere
già accolto dal Cristiano. È’ la Chiesa, la barca di S Pietro, che ci salva.
L'OFS è un'esperienza del carisma francescano. Nelle Costituzioni dei
Cappuccini era detto che l'OFS era un campo di apostolato del I Ordine. Ora nel
cap II delle Nuove Costituzioni è detto che l'OFS è parte della Famiglia
Francescana. È’ là dove non c’ è l'OFS, il
I Ordine fa solo esperienza parziale di Francescanesimo.
II Francescanesimo non e l'estetismo della religione. Suscitare quella
autocoscienza dell'OFS e nei confronti dell'OFS è indispensabile, bisogna avere
questa coscienza. Le prescrizioni specifiche delle vecchie Costituzioni
valevano a coltivare uno stile, a creare una coscienza, coltivare una
sensibilità, a testimoniare che siamo noi e non altri.
II Francescanesimo è per la Chiesa (art 2). Collocazione specifica del
Francescano è cercare la propria collocazione nella Chiesa, ciò comporta attenzione,
studio, non bisogna passare da un'esperienza all'altra. Defraudo,
impoverisco la Chiesa se io, francescano faccio il gesuita o il domenicano. La
collocazione dell'OFS nell'unico carisma francescano e nella chiesa, comporta
anche una riflessione sul luogo in cui si opera, perché lo specifico sia
parlante, testimoniante. Ma la coscienza della propria collocazione deve essere
viva, sentita, gelosa. La genericità in ciò non è consentita. Spinti dallo
Spirito, dobbiamo essere convinti della nostra vocazione né disprezzare, del
resto, altri gruppi, anzi, alla luce di essi dobbiamo interpretare ed
approfondire la nostra vocazione e cercare di raggiungere la perfezione. L'art.
2 della Reg. OFS esorta a raggiungere la perfezione della carità «siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli». Se Dio ci chiama,
vuol dire che ha fiducia in noi. Conversione costante la nostra: uso del tempo
libero, del danaro, della nostra cultura, della nostra corporeità. La Regola va
vissuta alla luce di quattro punti essenziali: 1) Vangelo, 2) Cristo, 3)
Chiesa, 4) Uomo.
1)
Centralità del Vangelo: II Vangelo è base e norma del nostro essere e del
nostro vivere: centralità del Vangelo nella nostra vita personale, del
mio essere, e comunitaria, della Fraternità. Facciamo del Vangelo il
fondamento della nostra vita, consultiamo il Vangelo e preghiamo su di esso
come creazione di una coscienza, di un essere, di un nuovo modo di valutare le
cose. Di fronte alla Parola di Dio siamo tutti alunni, finisce la cultura e
comincia l'amore. Bisogna, tuttavia, approfondire la propria cultura cristiana.
Ecco, dunque, la centralità del Vangelo e non del Celano durante il noviziato.
Rendiamo più arduo l'ingresso al noviziato per dare più tempo alla formazione
cristiana!
2)
Centralità del Cristo non vuoi dire: fare riferimento a Cristo, ma partire
da Lui ed essere in Lui, vivere Cristo, fare di Cristo, il centro della propria
vita. Centralità dinamica, non statica; nutrita delle Beatitudini
(art. 8 della Reg. OFS). Solo in Gesù troviamo la nostra pace. Bisogna vivere
le piccole cose, le piccole rinunce per creare questa coscienza alternativa.
Abbiamo degli esempi concreti: la rinuncia di una terziaria alle proprie
pellicce, la rinuncia a un posto di lavoro ottenuto per raccomandazione, l'offerta
di danaro ai poveri in sostituzione dell'acquisto di fiori, l'offerta della
propria disponibilità al parroco.
3) Centralità della Chiesa: diventiamo umili e disponibili alla Chiesa ed al
Vescovo; bisogna offrire il proprio servizio. Chiamati a costruire la Chiesa,
dobbiamo obbedire alla Chiesa, essere segno di unità. L'OFS ha bisogno di un
tempo proprio di formazione e, se prestiamo il servizio alla Chiesa, la Chiesa
ci riconoscerà e ci darà il tempo per la formazione. Competenza con gli
altri, corresponsabilità, complementarietà, sono i termini usati da P.
Vincenzo Frezza nel commentare il servizio dell'OFS. E, quando siamo
ostacolati, bisogna saper attendere, è necessaria la coscienza di appartenenza
alla Chiesa. Non bisogna barattare il nostro essere per altre esperienze;
bisogna avere le nostre radici e non lasciarci sradicare; ab intus: è la
spiritualità delle radici, del nascondimento non in quanto non vogliamo essere
visti, ma in quanto il nostro essere è nelle radici, presenza serena che non fa
chiasso.
3)
Centralità dell'uomo. Oggi non è più il tempo delle crociate, ma piuttosto
della collaborazione; della
comunione, non delle lotte continue.
Conclusione: Nel concetto
della Grazia sono due le persone: quella che chiama e quella che risponde. Il senso della nostra
scelta presuppone la coscienza dell'essere stati scelti (1).
(1) Appunti di Lucia Marino da
Vita Francescana n.3 - 1984